giovedì 3 marzo 2011

La lunga strada verso casa: è possibile impedire a qualcuno di prendere l'autobus per il colore della sua pelle?

Questa sera, su IRIS alle ore 21:00, verrà trasmesso il film di Richard Pearce, del 1990, "The long walk home" che in italiano è stato tradotto con "La lunga strada verso casa".
Perché parlo di questo film?
Perché nei passati post siete sempre stati molto attenti ai temi che riguardano l'integrazione ed i diritti umani e perché nel titolo del blog c'è chiaramente scritto che qui si parla di tutto ciò che può far crescere intellettualmente.
Pensate che non sia possibile vietare ad una persona di colore di prendere l'autobus, solo perché è nero? Oggi sembra impossibile, ma poco tempo fa non lo era affatto.
Il film di stasera parla della vita di... Rosa Lee Parks, icona della lotta nera contro l'apartheid e la segregazione, nata nel 1913 e morta nel 2005 all'età di 92 anni.
Più nello specifico, si parla del problema razziale che si viveva negli Stati Uniti e dell'amicizia "difficile" tra la protagonista di colore e la famiglia presso la quale svolge il suo servizio di governante.
La strada che separa l'abitazione della governante dal suo luogo di lavoro sarà il teatro nel quale si svolgerà la sua protesta e l'orgoglio del personaggio porterà ad un cambiamento epocale.

Riporto da un articolo che ho letto:

"Il primo dicembre 1955, avviò a Montgomery, in Alabama, la protesta contro il segregazionismo sugli autobus, rifiutandosi di cedere il posto a un bianco. Ne seguì un boicottaggio dei trasporti pubblici da parte della comunità nera, fra cui c'era già anche un allora giovanissimo Martin Luther King. Il boicottaggio si concluse con la desegregazione degli autobus. Quando fece il suo rifiuto, la Parks faceva la rammendatrice in un negozio di Montgomery. Per non avere ceduto il suo posto a un passeggero bianco, nonostante l'intimazione dell'autista, la Parks venne arrestata: ciò innescò un boicottaggio durato 381 giorni, che è considerato l'atto d'avvio del moderno movimento per i diritti civili, che, all'inizio degli anni Sessanta, sfociò nel varo del Civil Rights Act. La questione giuridica sollevata dal rifiuto della Parks, legata alla costituzionalità e alla liceità o meno della segregazione, condusse a una sentenza della Corte Suprema che impose l'integrazione del sistema dei trasporti. In una cerimonia commemorativa nel 2000, 45 anni dopo, l'allora governatore dell'Alabama Don Siegelman disse che il rifiuto della Parks «cambiò lo Stato e la Nazione per sempre.» Divenuta, con il suo rifiuto, la «madre del movimento dei diritti civili», la Parks non ebbe, comunque, vita facile nella sua Alabama. Come, del resto non la ebbe, nell'America che usciva dal segregazionismo, il reverendo Martin Luther King, che ottenne il premio Nobel per la pace per la sua azione, ma finì poi ammazzato a Memphis, Tennessee, nel 1968, l'anno in cui venne pure ucciso a Los Angeles Robert Kennedy, che aveva contribuito alla definizione e al varo del Civil Rights Act. La Parks e il marito, oggetto di minacce e di angherie, impossibilitati a trovare lavoro, si trasferirono nel Michigan: divenne presenza d'obbligo a tutte le celebrazioni delle conquiste nere. Detroit, che l'aveva adottata, le aveva già dedicato in vita una strada e una scuola media. Lei aveva risposto creando il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development, dove i giovani della città imparano a difendere i diritti civili. Il suo «no» non era urlato, eppure bastò per farsi portare via dalla polizia. Il reato? Violazione delle norme municipali regolanti la disposizione razziale dei posti sugli autoveicoli pubblici. Rosa Parks, non si sentiva colpevole di alcun reato. Decise che si doveva fare qualcosa. Così chiamò il presidente dell’N.A.A.C.P, un'associazione di difesa dei diritti della gente di colore di cui faceva parte, il quale la raggiunse al commissariato e le pagò la cauzione. Poi avvisò di quanto era accaduto Jo Ann Robinson, presidentessa del Consiglio politico delle donne di Montgomery. Fu lei a proporre il boicottaggio dei mezzi pubblici, lanciando un appello alla popolazione di colore. A quel tempo uno dei due pastori della città era Martin Luther King. A lui fu chiesto di mettere a disposizione la sua chiesa per permettere alla comunità nera di riunirsi e discutere questa proposta. Lunedì 5 dicembre 1955 erano già stati distribuiti 40 mila volantini in cui si invitavano tutti a non utilizzare gli autobus. In genere in una giornata lavorativa utilizzavano i mezzi 20 mila neri. Quel 5 dicembre solo 12 viaggiatori di colore presero i mezzi pubblici. Un risultato che sorprese tutti. Ma Rosa fu condannata comunque per il suo reato ad una multa di 10 dollari. Poco dopo King divenne presidente della Montgomery Improvement Association che preparò un testo con le richieste da sottoporre all’azienda dei trasporti. «Chiediamo che i viaggiatori prendano posto secondo l’ordine di salita, i neri a cominciare dalle ultime file.» Nulla di rivoluzionario nelle loro rivendicazioni che non “osavano” mettere in discussione il principio della divisione razziale. «Siamo qui per dire a coloro che ci hanno maltrattato per tanto tempo che siamo stanchi. Stanchi di essere segregati ed umiliati. Stanchi di essere presi a calci in maniera brutale, di essere oppressi. Non abbiamo altra alternativa che la protesta. Per molti anni abbiamo mostrato una pazienza sorprendente. A volte abbiamo dato ai nostri fratelli bianchi l’impressione che il modo in cui venivamo trattati ci piacesse. Ma questa sera siamo venuti qui per dire che la nostra pazienza è finita, che saremo pazienti solo quando avremo libertà e giustizia.» King quella sera parlò dei “fratelli bianchi” davanti ad una marea di “fratelli neri”.





L’assemblea approvò all’unanimità il testo con le proposte da sottoporre all’azienda dei trasporti.
Cominciò così la battaglia per la parità dei diritti della comunità nera. Per 381 giorni i neri di Montgomery rifiutarono di salire sugli autobus. Alla fine, nel novembre 1956 la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la segregazione razziale sugli autobus. La battaglia di Rosa Parks e dei neri di Montgomery era vinta."

La prima volta che vidi questo film, pensai che davvero tutto è possibile quando si crede fermamente in un progetto e si difendono i diritti di ognuno, indipendentemente da chi esso sia ma solo per il fatto che è un essere umano e "li possiede" dalla nascita.

Spero che vi piaccia.
Buona visione...
GAGiuliani

6 commenti:

Stefan ha detto...

A me a colpito molto la frase di M.L.K.: ''Abbiamo imparato a volare come gli ucelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato l'arte di vivere come fratelli.''
Io penso che il razzismo ci sia anche tra bianchi e bianchi, neri e neri. Siamo ancora pieni di pregiudizi. Il mio nonno è stato respinto dall'accademia militare perché, cito, ''nato nel paese sbagliato''

GianAchille Giuliani ha detto...

Crescere, condividere, istruirsi...
"la persona che ha imparato qualche cosa agisce in modo diverso da quella che non l'ha imparata".
Anche la scienza si è accorta della enorme idiozia rappresentata dal razzismo.
L’unica razza che conosco è quella umana. (Albert Einstein)

Anonimo ha detto...

Secondo me nell'uomo le razze non esistono... E' riferito all'aspetto esteriore solo perché le varie popolazioni si sono dovute adattare ad un determinato clima o ambiente. Geneticamente non ci sono differenze...
Una volta mio zio mi ha mostrato, e mi ha fatto ragionare, su un discorso scritto da Primo Levi nel suo libro "Se questo è un uomo": si diceva che il razzismo, i lager e tutte quelle uccisioni di massa derivano tutti dallo stesso germe iniziale. La xenofobia. La paura del diverso. In tutti noi c'è questa paura, ma rimane lì, "impassibile", fino a quando non accade qualcosa che la fa evolvere... L'importante è non fare accadere qualcosa che la fa degenerare, che fa compiere quelle stragi.
"L'oscurità ha sempre avuto il suo ruolo, senza di essa come faremmo a sapere quando camminiamo nella luce? E' solo quando le sue ambizioni diventano troppo grandiose che devono essere contrastate, domate; a volte, se necessario, abbattute per un po'"...

GianAchille Giuliani ha detto...

Ottima citazione, Anna.
Sono molto contento dei vostri contributi.
Avanti così...

Anonimo ha detto...

A proposito di come vivono le persone... Adesso si parla tanto di immigrati, di come questi vengono qui e "non portano altro che danni"... Il fenomeno del razzismo deriva anche da questi giudizi che ha la gente dei paesi industrializzati... Perché non si prova a guardare alle condizioni di vita delle persone che vivono in paesi che purtroppo non hanno la nostra fortuna??... Non ci vorrebbe niente per aiutare queste persone, almeno per fare avere loro una vita più felice.
E non è vero che questi problemi non si conoscono, è solo che è più facile guardare sempre nelle proprie tasche, e qui ritorniamo al problema dell'egoismo...

Almeno ci sono persone famose, cantanti, che riconoscono questi errori: in Italia c'è Laura Pausini. Ha cantato due canzoni molto belle su questo tema:

La prima è vecchia, risale ad uno dei primi cd che ha prodotto. Si chiama "Il mondo che vorrei": http://www.youtube.com/watch?v=X0aPKraEh6o

La seconda è uscita insieme all'album Primavera in anticipo, piuttosto recente. Si chiama "Un giorno dove vivere"
http://www.youtube.com/watch?v=5NKZeZku6R0

Poi bisogna vedere se ci crede veramente, ma con la musica si possono far capire tante cose...

GianAchille Giuliani ha detto...

In questi momenti di crisi nordafricana si sente ancor più il bisogno di aiutare le persone a vivere bene, ognuna nel luogo dove preferisce stare.
Io ho sempre pensato che le mie radici fossero il posto migliore; chiunque si dia da fare per aiutare, in ogni senso, merita approvazione.
Ben venga la Pausini con la sua musica.
Ne servirebbero molti altri... sotto a chi tocca.

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