Giulio Natta... cosa ne sapete in proposito?
Sapete che ha contribuito a cambiare la vita di tutti i giorni? Sapete che con le sue "plastiche" ha reso possibili azioni che oggi sono ormai consuete?
Chi era questo Chimico?
Tenuto conto che il 2011 è l'anno internazionale della chimica, con questo post vorrei ricordarlo con voi, cominciando a conoscerlo un po', cercando di capire quale contributo abbia dato a tutti noi.
Giulio Natta nasce ad... Imperia nel 1903.
Diplomatosi ad appena 16 anni al Liceo-Ginnasio Cristoforo Colombo di Genova, si laureò in ingegneria chimica al Politecnico di Milano nel 1924, a soli 21 anni di età.
Nel 1925 Natta accettò una borsa di studio a Friburgo presso il laboratorio del prof. Seemann, entrando in contatto con il gruppo di lavoro di Hermann Staudinger che si occupava di macromolecole.
Natta intuì l’importanza e le potenzialità delle macromolecole e tornato a Milano iniziò uno studio sulla struttura cristallina dei polimeri.
In questo periodo fu professore incaricato di chimica analitica al Politecnico Milanese (1925-1932) e, nel contempo, tenne anche un corso di chimica fisica presso l'Università di Milano (1929-1933). Nel 1933 vinse la cattedra di chimica generale e divenne direttore dell'istituto di chimica generale all'Università di Pavia, dove rimase fino al 1935, quando venne chiamato a ricoprire la cattedra di chimica fisica dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1937 ricoprì la cattedra di chimica industriale al Politecnico di Torino.
Fu chiamato a dirigere l'Istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano per sostituire Mario Giacomo Levi (costretto dalle leggi razziali, promulgate durante il periodo della seconda guerra mondiale, a lasciare l’insegnamento). Al Politecnico rimase fino al 1973 come professore ordinario di Chimica industriale e direttore dell'omonimo istituto, dedicandosi alla ricerca sui polimeri a struttura cristallina.
La sua principale scoperta scientifica ebbe un'applicazione quasi immediata sul piano pratico e questo è un evento che avviene di rado.
Poco importa che il suo lavoro sia stato più applicativo che di ricerca pura. Il nome di Giulio Natta è legato allo sviluppo impetuoso della chimica macromolecolare che risale agli anni cinquanta, e si fonda sul processo detto di polimerizzazione.
Esso consiste in una reazione chimica che comporta il "passaggio" da un componente chimico a basso peso molecolare (monomero) a un composto ad alto peso molecolare (polimero), che nel caso specifico ha comportato la trasformazione di un gas in una materia plastica.
II tedesco Karl Ziegler, professore presso l'Istituto Max Planck di Mülheim, operando su di un gas, l'etilene, trasformandolo in una sostanza plastica, il polietilene, riuscì a mettere a punto un sistema che già facilitava notevolmente la trasformazione dall'uno all'altra.
Prima delle ricerche di Ziegler tale processo richiedeva una temperatura di 200 gradi centigradi e una pressione di ben 1.000 atmosfere. Lo scienziato tedesco trovò il modo di operare a temperatura ambiente e con pressione di una atmosfera. Eliminate le complicatissime apparecchiature prima indispensabili, eliminato il grave pericolo di esplosione dovuto all'alta temperatura e all'alta pressione, era finalmente possibile la produzione su scala industriale della sostanza plastica ricavata dal gas.
Giulio Natta, mentre dirigeva (dal 1938) l'Istituto di chimica industriale presso il Politecnico di Milano, collaborava strettamente con l'industria italiana, in particolare con la società Montecatini.
Egli, utilizzando il metodo elaborato da Ziegler per la trasformazione del gas in sostanze plastiche, lo applicò ad un gas diverso dall'etilene, il propilene, da cui ottenne una nuova sostanza plastica: il polipropilene.
La migliore qualità di questo polimero è insita nella sua temperatura di fusione a pressione ambiente, 180 gradi centigradi, relativamente alta; esso può inoltre prendere sia la forma di materia plastica (il moplen), sia quella di filato sintetico (il meraklon), ambedue di facile lavorazione e di elevata resistenza fisica.
L'alto punto di fusione, in una materia plastica, consente per esempio l'utilizzo come contenitore per liquidi in soluzione acquosa anche bollenti e senza danno. Inoltre tale polimero risulta facilmente "stirabile - allungabile" in forma di fibra.
I polimeri come il polipropilene, sono quindi delle macromolecole, cioè molecole ad elevato peso molecolare, in cui si ripetono unità di base dette monomeri. I polimeri possono essere naturali come il caucciù o la cellulosa, artificiali (modificazione chimica di quelli naturali), come la celluloide, o sintetici (creati chimicamente).
I polimeri sintetici sono prodotti attraverso reazioni di polimerizzazione che si suddividono in due tipi: di poliaddizione e di policondensazione. Quando le molecole di partenza sono tutte uguali si parla di polimero vero e proprio, quando invece sono diverse si parla di copolimero.
Il polipropilene si ottiene per polimerizzazione del gas propilene (ottenuto dai processi di Cracking del petrolio, con meccanismo simile a quello dell'etilene).
Si possono avere tre isomeri:
Isotattico: i gruppi -CH3 sono disposti ordinatamente dallo stesso lato della catena di atomi di C, che non è lineare, ma si curva in modo elicoidale. Struttura altamente cristallina (fino al 75%) La polimerizzazione si effettua in sospensione, a basse T (50-100°C) e basse pressioni (1-10 atm.). Ha buone carateristiche meccaniche, è leggero, ha alto punto di fusione (circa 175 °C), è isolante, resistente a molti aggressivi chimici. Serve per realizzare giocattoli, contenitori e vari oggetti. Usi: estruso in filamenti sottili da una fibra tessile molto leggera, resistente agli agenti atmosferici, che serve per produrre corde e reti da pesca, mentre in fiocco è utilizzata per coperte, maglieria, tappeti e moquette. In pellicola trasparente è adatto all'imballaggio.
Sindiotattico: i gruppi -CH3 sono disposti alternativamente sopra e sotto rispetto l'asse della catena. Il prodotto ha migliori caratteristiche rispetto all'atattico.
Atattico: i gruppi -CH3 sono disposti in maniera disordinata.
Il prodotto ha proprietà scadenti.
Struttura amorfa e vetrosa. Questo permette di usarlo per involucri trasparenti per proteggere vestiti.
Il polipropilene si può ottenere quindi dal monomero propilene grazie alla polimerizzazione di Ziegler-Natta (polimerizzazione catalizzata da metalloceni).
Le applicazioni industriali della scoperta di Natta sono dunque vastissime e di uso molto comune ed è per questo che è stato insignito del premio Nobel per la chimica nel 1963, "per la messa a punto di catalizzatori stereospecifici per la polimerizzazione stereochimica selettiva delle alfa-olefine, in particolare per la realizzazione del polipropilene isotattico".
Giulio Natta morì a Bergamo il 2 maggio 1979.
Spero che adesso, almeno gli alunni del Natta di Bergamo, possano andare ancora più fieri dell'Istituto nel quale studiano per diventare dei chimici.
Sicuro di avervi dato informazioni utili, vi auguro come al solito buono studio.
Attendo i vostri commenti.
GAGiuliani
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