lunedì 13 giugno 2011

Epidemia di Escherichia coli tossigeno in Germania - E.coli O104: H4

Il parere di Alain Zanchi.
Vista la rapida diffusione delle notizie attraverso i mezzi di informazione, pochi non saranno a conoscenza dell’epidemia in atto in Germania dovuta a una tossinfezione alimentare, causata da un batterio molto più comune di quello che si potrebbe pensare: l’Escherichia coli.
Chiariamo subito un concetto molto importante...
prima di provocare allarmismi: la maggior parte dei ceppi di questo microrganismo non è patogena, ovvero, non è responsabile di patologie alimentari.
Per ceppo microbico si intende genericamente una varietà, sottospecie o classe di un certo microrganismo, i cui diversi ceppi hanno un’elevata omologia genetica. Tuttavia le “piccole” differenze che esistono si traducono in capacità, attitudini, effetti diversi come la produzione o meno di tossine, che sono la causa primaria della morte di decine di persone in quest’ultima epidemia.

Escherichia coli fa parte della famiglia delle Enterobacteriaceae, che comprende batteri presenti generalmente nell’intestino dell’uomo e degli animali, nelle acque, nei vegetali e negli alimenti.


I prodotti nei quali più spesso sono presenti batteri di questa specie sono le carni, gli alimenti lattiero-caseari, alcuni vegetali, le acqua contaminate ed i molluschi. 

Questa diffusione è molto spesso imputabile a una contaminazione di origine fecale.
Se le operazioni di produzione e trasformazione di un alimento non son condotte nel migliore dei modi questi microrganismi possono giungere nei cibi e, con le giuste condizioni di temperatura, nutrienti, acqua disponibile etc., moltiplicarsi. 

Per rendere meglio l’idea possiamo immaginare un macello: se durante l’eviscerazione di un animale le operazioni non sono condotte nel migliore dei modi, il contenuto intestinale può contaminare le carni che successivamente saranno confezionate e/o trasformate. Per questo motivo la legislazione prevede dei limiti di numerosità di questo batterio spesso utilizzato come indicatore di contaminazione fecale.

Ad esempio, nel caso di formaggi a base di latte sottoposto a trattamento termico, il numero massimo consentito di microrganismi è di 1.000 per grammo (n=5, c=2, m=100 ufc/g, m=1.000 ufc/g).

Questa numerosità massima è definita in modo prudenziale, in quanto la letteratura scientifica riporta che generalmente la carica di E.coli in grado di produrre infezioni è pari a 108 – 109 microrganismi per grammo di alimento. Inoltre, la mal conservazione può causare l’aumento esponenziale della carica batterica.

Il primo passo per cercare di arginare la diffusione di un’epidemia è stato quello di capire l’origine dell’infezione tenendo conto, appunto, dell’habitat naturale del microrganismo.

I primi “indiziati” in questa ricerca sono stati indubbiamente i cetrioli, anche se le ultime notizie lasciano intendere che l’origine dell’infezione sia imputabile al consumo di germogli di soia contaminati – FATTO ANCORA DA ACCERTARE DEFINITIVAMENTE. 

La diffusione rapida e massiva delle informazioni ha causato effetti globali positivi e non; indubbiamente il crollo del consumo dei germogli di soia è stato accompagnato da una riduzione rilevabile dei nuovi casi, tuttavia la diffusione della precedente notizia della presenza sul mercato di un “cetriolo killer” ha messo momentaneamente in ginocchio l’economia agricola di paesi europei come la Spagna. 

Questo fatto dovrebbe ricordarci l’importanza di non diffondere in alcun modo notizie incerte e/o in modo “spettacolarizzato”, anche se in caso di rischio di vita un maggior allarmismo è comprensibile.  

Molti ricorderanno sicuramente il caso delle “mozzarelle blu”, notizia che nel giro di poco tempo si è diffusa in modo incontrollato, anche se la causa della colorazione non era un microrganismo pericoloso per l’uomo. 
Quanto ha pesato l’insolito blu di questi formaggi sull’appetibilità della notizia da parte dei mass-media? Quante patologie trasmesse da alimenti contaminati restano invece nell’oblio in quanto non spettacolari?

Un’ultima curiosità - il nome Escherichia coli si sente pronunciare in due diversi modi: “Escherichia coli” e “Escerichia coli” (E-scer, senza H).
Come si pronuncia correttamente?
Con l’italianizzato “Escherichia coli” o con il germanico “Escerichia coli” in memoria del medico batteriologo tedesco Theodor Escherich che gli ha dato nome? 
Ai posteri l’ardua sentenza!

Alain Zanchi



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Fonti:
Microbiologia degli alimenti – Antonietta Galli Volonterio – paravia scriptorum
Regolamento CE 1441/2007

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Volevo fare una domanda: a scuola abbiamo cominciato ad accennare dei batteri. Ora, premesso che non ricordo con precisione, mi sembra di ricordare che i ceppi di alcuni batteri non dannosi possono diventare dannosi se incontrano un batterio appartenente ad un ceppo differente, dannoso (vivo o morto), perchè possono trasferirsi sequenze di D.N.A. grazie ai plasmidi.
Questa proprietà è attribuibile anche all'Escherichia Coli ?

Alain ha detto...

Per il trasferimento di materiale genetico tra batteri sono a conosciuti 3 meccanismi: trasduzione, combinazione, trasformazione. Questi meccanismi possono dare luogo, insieme ad un 4 meccanismo detto di trasposizione, a ricombinazione genetica, e quindi anche all'acquisizione di all'acquisizione di nuovi caratteri, come la capsula, la capacità di produrre particolari tossine, fattori di resistenza agli antibiotici etc.
Anche Escherichia coli è dotato di queste proprietà (se cerchi informazioni sul plasmide F troverai diversi articoli anche nel web) ma non è detto che la trasmissione dei caratteri che codificano la produzione di tossine sia sempre possibile o quantomeno probabile.
Alain Zanchi

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