lunedì 18 luglio 2011

Elettricità dai batteri... che sia il futuro?

di Anna Bosc (per il carnevale della chimica di #7 - luglio 2011 - CHIMICA ed ELETTRICITA')
La questione energetica è sempre d'attualità.
Durante le mie letture ho scoperto che dall’inizio del novecento è forte l'interesse e l'attività di ricerca per riuscire a produrre energia elettrica tramite l'utilizzo dei batteri.
La cosa mi ha incuriosito ed ho approfondito l'argomento; seguitemi in questo post nel quale ho riassunto i tratti fondamentali dell'argomento.
L’idea iniziale di utilizzare cellule microbiche fu di... M.C.Potter, che studiò l’argomento nel 1912.
Potter era un professore di botanica che utilizzò l’Escherichia coli per produrre elettricità. Tuttavia il suo lavoro non fu seguito più di tanto all’epoca e si dovette attendere il 1931, quando Barnet Cohen riprese il lavoro di Potter e riuscì a costruire delle mezze pile a combustibile microbiologiche che, se collegate in serie, erano in grado di produrre oltre 35 volt (anche se con una intensità di corrente di soli 2 milliampere).

Più avanti Del Duca usò l’idrogeno prodotto dalla fermentazione del Clostridium butyricum come reagente all’anodo di una pila.

Sfortunatamente la sua invenzione si rivelò inaffidabile perché la produzione di idrogeno da parte del microorganismo era instabile; solo nel 1976 Suzuki riuscì ad ovviare a questo inconveniente ma in quel periodo si conosceva ancora troppo poco del funzionamento di queste pile. All’inizio degli anni ottanta Bennetto e Allen iniziarono uno studio dettagliato sulle batterie, sostenendo l’idea che questi strumenti sarebbero potuti diventare un metodo sfruttabile per generare elettricità nei paesi del terzo mondo.

Nel maggio del 2007 l’università di Queensland (Australia) ha completato il suo prototipo di pila a combustibile microbiologica grazie alla cooperazione con la Fosters Brewing Company.
Il prototipo convertiva l’acqua di scarto della birreria in CO2, acqua pulita ed elettricità... ma come?

Una pila è uno strumento in grado di convertire l’energia chimica in energia elettrica grazie ad un processo di ossido-riduzione, nel quale una sostanza perde elettroni (ossidandosi) ed un’altra li acquista (riducendosi).

Le pile a combustibile differiscono da quelle elettriche perché utilizzano alcune sostanze (come l’idrogeno di DelDuca o le acque di scarto della birreria) per produrre elettricità grazie a reazioni elettrochimiche; queste pile inoltre non fanno avvenire combustioni termiche evitando la dispersione di energia sotto forma di calore.

La reazione elettrochimica che avviene all’interno di queste pile, si basa sull’idea di spezzare le molecole del comburente in ioni positivi ed elettroni, all'anodo; gli elettroni vengono fatti passare per un circuito esterno (dall'anodo al catodo) e forniscono un flusso di corrente elettrica proporzionale alla velocità con cui è avvenuta la reazione. Una pila di questo tipo è in grado quindi di produrre una corrente elettrica finché gli viene fornito combustibile.


Quando nelle pile viene inserita una componente vivente, esse prendono il nome di pile a combustibile microbiologiche o anche di MFC.

Esistono due tipi di pile a combustibile microbiologiche in funzione del fatto che utilizzino mediatori o meno, ma entrambi i tipi si configurano come sistemi bio-elettrochimici che generano corrente basandosi sulla respirazione cellulare; il presupposto di base consiste nell'assunto che i batteri, per produrre l’energia che gli occorre per vivere, catabolizzano sostanze come il glucosio o le acque reflue, ad esempio, ossidandole. Il flusso di elettroni liberato dall’ossidazione viene intercettato ed utilizzato nella pila.

Una tipica MFC prevede un compartimento per l’anodo e uno per il catodo, separati da una membrana semipermeabile che consente il passaggio dei cationi (membrana PEM). Nel compartimento dell'anodo il "carburante zuccherino" viene ossidato dai microorganismi, generando elettroni e protoni.
Gli elettroni vengono trasferiti al catodo attraverso un circuito elettrico esterno (è lungo questo circuito esterno che possono essere messi eventuali strumenti utilizzatori del flusso di corrente elettrica creato) mentre i protoni passano attraverso la membrana PEM; elettroni e protoni, giunti nello scomparto del catodo, si combinano con l'ossigeno presente formando acqua.

I fattori che influenzano questo tipo di pile sono:
  • il ceppo batterico utilizzato,
  • il materiale che costituisce la membrana,
  • temperatura e pressione di esercizio, e
  • il Ph.
La maggior parte delle pile a combustibile microbiologiche appartengono al primo gruppo (quelle con mediatore) ma di recente hanno acquistato molta importanza quelle catalogate nel secondo...

1. MFC con mediatore
In queste pile i batteri sono elettrochimicamente inattivi e bisogna intervenire con un mediatore.
Se i microorganismi si trovano in condizione aerobica (in presenza di ossigeno) e consumano un substrato, come lo zucchero, producono anidride carbonica e acqua secondo la seguente reazione:

C6H12O6 + 6O2 ---> 6H2O + 6CO2

Una volta privati dell’ossigeno, però, l'ambiente li costringe a cambiare tattica; essi producono anidride carbonica, protoni ed elettroni (come dimostrò Bennetto nel 1990) secondo quest’altra reazione:

C12H22O11 + 13H2O ---> 12CO2 + 48H+ + 48e-

Gli elettroni che si formano si trovano su catene di trasporto, nei mitocondri, per produrre l’energia necessaria a caricare ATP.

Le MFC di questo tipo usano mediatori inorganici (come la tionina, il paraquat, il blu di metilene, l'acido umico, il rosso toluilene) per intervenire su queste catene di trasporto, intercettare gli elettroni (riducendosi) ed uscire trasportando gli elettroni "rubati" all’anodo della pila; una volta rilasciati gli elettroni, ritornando alla sua forma ossidata, il mediatore può ripetere il processo.

Se fosse presente l’ossigeno esso raccoglierebbe tutti gli elettroni, essendo più elettronegativo rispetto al mediatore, per cui è necessario lavorare in un ambiente anaerobico.

In pratica tutti gli esseri viventi, per produrre energia, utilizzano il flusso di elettroni generato nella respirazione cellulare; la pila a combustibile trasforma questo flusso in corrente elettrica.

Mediatore, microrganismi e soluzione nutritiva si trovano in una camera anaerobica insieme all’elettrodo (anodo), l’agente ossidante (che potrebbe essere ossigeno o un’altra sostanza magari solida, per aumentarne l’efficienza ) e il secondo elettrodo (catodo) vengono ospitati nella secondo camera.
Tra le due camere c’è la membrana PEM o un ponte salino e a trasportare elettroni c’è il circuito elettrico esterno, che può benissimo essere un cavo o un filo elettrico. In questo modo il circuito è completo e, una volta chiuso, genera elettricità (finché sono presenti tutti gli elementi della pila, in particolare il nutrimento per i batteri).


2. MFC senza mediatore
La maggior parte dei mediatori sono tossici e molto costosi.
Fu il Korea Institute of Science and Technology a progettare per la prima volta pile a combustibile microbiologica senza mediatori.
Ciò è stato reso possibile dalla scoperta di alcuni batteri elettrochimicamente attivi come:
  • Shewanella putrefaciens,
  • Aeromonas hydrophila,
  • Shewanella oneidensis e altri.
Questi batteri “elettrici” vivono in zone spesso anaerobiche e “respirano metallo”: invece che utilizzare ossigeno essi basano la respirazione cellulare sul trasferimento di elettroni con i metalli delle rocce con cui entrano in contatto; l’acquisizione degli elettroni da parte delle rocce, con la loro conseguente riduzione, produce sufficiente energia per permettere ai microorganismi di sopravvivere.

Il batterio più studiato è Shewanella oneidensis: è stato dimostrato da un team dell'Università dell'East Anglia (UEA), in collaborazione con il Pacific Northwest National Laboratory negli Stati Uniti, che batteri di questo tipo costruiscono filamenti di proteine separati da atomi di ferro che si comportano come cavi elettrici, dando la possibilità di trasferire gli elettroni all’esterno della cellula.

Queste strutture permettono di ricavare energia o di eliminare quella in eccesso grazie ad enzimi riduttori elettrochimicamente attivi (come la citocrominella) su materiali esterni, che nel nostro caso rappresenta l’anodo della pila.

Il team dell’università, coordinato da Tom Clarke, è riuscito ad identificare l’esatta struttura proteica dei filamenti tramite sofisticate tecniche di cristallografia a raggi X, ed ha permesso di capire la dinamica del trasferimento degli elettroni.

Le proteine che rendono possibile il passaggio di elettroni dalla cellula all'ambiente sono i citocromi; essi sono protine-vettore di elettroni che permettono di utilizzare l'ossigeno a livello cellulare. Ne esistono quattro categorie, che si differenziano per la loro capacità di trasmettere alcune radiazioni dello spettro visibile, ed ognuna di queste categorie possiede un potenziale red-ox (o potenziale di ossidoriduzione) differente.

L'ultima tappa della respirazione cellulare avviene sulle creste dei mitocondri: qui giungono i trasportatori di elettroni NADH e FADH2 (carichi di elettroni appunto).
Questi trasportatori si scaricano elettricamente su una catena di trasporto di elettroni.

L'ossigeno molecolare è un potente ossidante e sarebbe pericoloso se prendesse parte alle reazioni senza essere "mediato" da una serie di proteine che possiedono un potenziale red-ox decrescente; la catena di trasporto degli elettroni è proprio questa: una catena fatta di proteine che si "passano" gli elettroni fino all'accettore finale, cioè l'ossigeno.

I citocromi trasportano gli elettroni quando c’è un dislivello energetico. Questa liberazione di energia attiva l'ATP sintetasi che ricarica le molecole di ADP in molecole di ATP (lo scopo ultimo della respirazione).

Per questo motivo, se i batteri non possiedono strutture adatte a trasferire gli elettroni all'esterno, è necessario intervenire con i mediatori sulla catena di trasporto nella respirazione cellulare.




Shewanella oneidensis ed i suoi simili sono adatti a produrre energia ed inoltre sono in grado di trasformare i metalli pesanti in una forma non solubile in acqua, impedendo così che essi si sciolgano inquinando le falde; i siti contaminati da metalli pesanti come piombo, cromo o persino uranio potrebbero così essere così risanati, contribuendo naturalmente a processi di bonifica spesso difficoltosi e molto dispendiosi.


Un'altra tecnologia che si basa sulla catabolizzazione dei batteri è la MEC (cella a elettrolisi microbica): essa svolge essenzialmente il processo inverso delle MFC.
I microrganismi si trovano su un substrato che contiene il nutrimento per i batteri (per esempio acido acetico); questi ultimi consumano energia rilasciando protoni ed elettroni, esattamente come nelle MFC, dando origine ad un potenziale elettrico di 0,3 volt circa.

Mentre nelle pile questo potenziale veniva utilizzato per produrre una corrente elettrica inserendo i batteri nell'anodo, in questo caso i microrganismi sono collegati al catodo e non solo l'energia che producono non viene convertita in corrente, ma viene fornita una tensione supplementare da una fonte esterna.

In questo modo la tensione che si genera è sufficiente a ridurre i protoni (quindi a fare in modo che i protoni accettino elettroni), producendo idrogeno molecolare.
Con un meccanismo simile, ma cambiando tipologia di batteri, è possibile ottenere metano.

L'efficienza di tale produzione dipende da quali materiali organici vengono impiegati: l'acido lattico induce una resa dell'82% mentre il glucosio del 63%.
Idrogeno e metano possono essere sostituiti ai combustibili fossili nella produzione di energia o nelle combustioni dei motori.

Ancora una volta ci troviamo di fronte a fonti di energia naturali, non inquinanti e sfruttabili.

Se a qualcuno venisse in mente di obiettare "va beh, ma parliamo di pochi volt", ricorderei che Alessandro Volta, con la sua pila, produsse pochi volt...
avrebbe mai immaginato Volta di arrivare agli accumulatori del giorno d'oggi?

Provate a pensare agli accumulatori dei sommergibili...

Attendo i vostri commenti.
A presto
Anna Bosc


FONTI
____________________________________
La repubblica http://www.repubblica.it/scienze/2011/05/28/news/batterie_futuro-16637710/
Molecularb http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=7230
ZeroEmission news http://www.zeroemission.eu/Ricerca/Studio%3A-come-produrre-energia-elettrica-con-i-batteri/news/12933.phtml
Fidow.it http://www.fidow.it/index.php?option=com_content&view=article&id=80:un-batterio-capace-di-spostare-cariche-elettriche&catid=37:blog-notizie-
Wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Pila_a_combustibile_microbiologica
http://it.wikipedia.org/wiki/Pila_elettrica
http://it.wikipedia.org/wiki/Pila_a_combustibile
http://en.wikipedia.org/wiki/Microbial_electrolysis_cell
http://it.wikipedia.org/wiki/Citocromi
http://en.wikipedia.org/wiki/Microbial_fuel_cell

3 commenti:

Marco ha detto...

Molto interessante e chiaro.
Scritto molto bene; nonostante l'argomento complesso scivola via piacevolmente.
Davvero complimenti.
Marco

Anonimo ha detto...

Grazie,
anche se un "GRAZIE" più grande va al profe che (oltre ad aver revisionato l'articolo) con il suo blog permette di condividere le proprie passioni e le proprie conoscenze con chi le apprezza e le condivide.

Anna.

PALLINOF ha detto...

" ...Io credo che l'acqua sarà un giorno usata come combustibile poichè l'idrogeno e l'ossigeno che la costitiuiscono, usati separatamente o insieme, forniranno un inesauribile sorgente di calore e luce......."

Jules Verne: L'Isola Misteriosa

Io credo invece che l’uomo in passato abbia già sviluppato la tecnologia necessaria a separare i due gas e la piramide di Cheope non è che un esempio di impianto di biotecnologia.
http://geoponica.myblog.it/archive/2008/05/10/l-idrogeno-di-cheope.html
Pallinof

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